La tematica del compenso professionale è senza dubbio una delle questioni più delicate nel rapporto tra il professionista e il cliente che deve decidere se affidargli l’incarico, dandogli la propria fiducia.
Per lungo tempo, in passato, la questione poteva dirsi sostanzialmente confinata all’applicazione delle c.d. tariffe professionali forensi.
Il sistema tariffario forense prevedeva una quantificazione economica da corrispondere al professionista in relazione a ciascun tipo di attività connessa ad una determinata pratica. A titolo di esempio, le tariffe quantificavano il valore di ogni udienza, ovvero della redazione di atti e ciò anche tenendo conto del valore dell’affare oggetto della prestazione dell’avvocato.
Il sistema tariffario, inoltre, era caratterizzato dal sistema c.d. dei minimi, sicchè, in caso di prestazione a titolo oneroso, il professionista e il cliente non potevano legittimamente accordarsi per un compenso di misura inferiore a detta soglia.
Senza entrare nel merito della bontà o meno del sistema tariffario, si evidenzia che attualmente tale sistema è stato stravolto dall’abolizione delle tariffe e dall’introduzione del principio di cui all’art. 13 della Legge professionale forense (l. n. 247/2012).
Oggi, infatti, vige il principio del libertà nella determinazione dei compensi.
Da un lato, ciò significa che il compenso concordato non è (o non sembrerebbe), in linea di principio, soggetto a limiti minimi. Dall’altro significa che non sussistono vincoli di forma, sicchè il compenso potrà essere quantificato a ore, a percentuale sul valore della causa o affare, con un predefinito ammontare di denaro oppure quotando economicamente ogni singola attività (ad esempio, lettere, telefonate, atti ecc.) o altro.
Ugualmente, il compenso può essere strutturato in modo di prevedere un premio, vale adire il c.d. palmario o success fee.
Per completezza, si evidenzia che il vigente sistema italiano prevede ancora, tuttavia, il divieto del patto di quota lite, vale a dire il patto in base al quale all’avvocato venga riconosciuto come compenso una quota parte della ragione contenziosa in base al risultato conseguito. Tale divieto non è incompatibile con la previsione di premi, a condizione che questi ultimi rispettino il criterio della proporzionalità.
In tale contesto, è risultata fondamentale l’adozione del Decreto ministeriale n. 55 del 2014 e successive modifiche e integrazioni, vale a dire i c.d. parametri forensi e loro regole applicative.
Nella sostanza si tratta di tabelle che per ogni fase della pratica (ad esempio, nel settore civile quella di studio, introduttiva del giudizio, di trattazione/istruttoria, decisionale) quantificano il valore del compenso parametrandolo al valore dell’affare.
Tali tabelle sono molto numerose e variano in base alla materia (civile, penale, amministrativo, lavoro ecc.) alla tipologia di attività (giudizio di cognizione, di esecuzione o cautelare ecc.) al rito (ad esempio, ordinario, sommario di cognizione o monitorio ecc), alla fase di giudizio (ad esempio, primo grado, grado di appello o Cassazione) o alla natura giudiziale o stragiudiziale della prestazione.
I parametri forensi sono nati per disciplinare l’attività dei magistrati all’atto di quantificare le spese legali in favore alla parte vincitrice di un giudizio, e rappresentano anche un validissimo strumento nell’orientare clienti ed avvocati a concordare la misura di un giusto compenso.
Infatti, come si legge nel citato art. 13 della Legge professionale, i parametri “sono formulati in modo da favorire la trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali e l’unitarietà e la semplicità nella determinazione dei compensi“.
Fatta questa doverosa premessa, il nostro Studio rifiuta l’idea di assecondare richieste di compensi ribassati pur di accaparrare il cliente “ad ogni costo”. A nostro giudizio, infatti, tutto ciò è, in linea generale, un male sia per l’avvocato che per il cliente.
Soprattutto, tutto ciò non è coerente con la nostra di idea di un servizio legale di qualità, attento e dedicato alle esigenze del cliente, in cui il professionista operi davvero al proprio meglio e tenuto conto dei costi e delle responsabilità a cui il professionista è sempre soggetto.
La nostra politica, pertanto, è di norma quella di quantificare le richieste dei nostri compensi in base ai parametri forensi ministeriali di cui al DM n. 55/2014.
Ovviamente, ogni cliente e ogni problema ha le sue peculiarità e quindi non interpretiamo la nostra politica in modo eccessivamente rigido.
Spesso ci capita di concordare parcelle con una componente fissa più limitata accanto ad una success fee/premio.
Inoltre, a richiesta motivata del cliente, siamo anche disponibili a dichiararci procuratori c.d. antistatari anticipando le spese di giudizio e senza domandare anticipazioni di compenso.
In ogni caso, come per legge, forniamo preventivi in forma scritta per permettere al cliente le opportune valutazioni prima dell’eventuale conferimento dell’incarico professionale.