Il ricorso per decreto ingiuntivo

Il ricorso per decreto ingiuntivo è uno dei più importanti strumenti che l’ordinamento italiano mette a disposizione dei creditori di somme o di beni determinati o fungibili.

Rispetto al rito ordinario, si tratta di un rito speciale, improntato alla speditezza e alla sommarietà, finalizzato ad ottenere un provvedimento dal contenuto accertativo e di condanna al debitore.

La sommarietà è dovuta al fatto che la cognizione del giudice è sommaria, nel senso che la c.d. fase monitoria si svolge in assenza di contraddittorio con il debitore, nonchè riconoscendo un valore probatorio a documenti che in un ordinario processo civile non potrebbero avere tale efficacia (ad esempio le fatture o le scritture contabili, purchè in estratto autentico e/o bollate o vidimate.

Il ricorso per decreto ingiuntivo presenta anche un altro indubbio vantaggio.

Infatti, per proporlo non esistono condizioni di procedibilità, quali ad esempio la negoziazione assistita o il tentativo di mediazione obbligatorio nelle materie indicate dalla legge.

I presupposti per la proponibilità del ricorso per decreto ingiuntivo sono i seguenti:

  • il credito vantato deve essere di una somma liquida di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili o di consegna di una cosa determinata;
  • il diritto azionato deve essere fornito di prova scritta (e come detto hanno efficacia di prova anche atti che di norma non sono considerati tali in un processo ordinario).

La domanda di adozione di un decreto ingiuntivo deve essere sottoposta al giudice con un ricorso redatto secondo quanto stabilito dalla legge e con l’espressa indicazione dei mezzi di prova scritta posti a fondamento della domanda.

Il deposito del ricorso apre la c.d. fase monitoria, laddove, in assenza di contraddittorio il Giudice assegnatario del giudizio valuterà la fondatezza totale o parziale della pretesa creditoria.

Salvo che nei procedimenti avanti al Giudice di Pace, la fase monitoria del processo si svolge in forma esclusivamente telematica.

Il Giudice valutati gli atti potrà:

  • chiedere chiarimenti e integrazioni documentali;
  • rigettare il ricorso, ma in tale caso lo stesso è riproponibile e comunque ciò non preclude un’azione ordinaria;
  • accogliere totalmente o parzialmente il ricorso.

In caso di accoglimento il Giudice adotta il c.d. “decreto ingiuntivo” consistente in un provvedimento di accertamento del credito e di pedissequa condanna del debitore.

Il decreto ed il ricorso devono essere notificati al debitore nel termine perentorio di 60 giorni dalla pronuncia.

Il decreto ingiuntivo può essere:

  • immediatamente esecutivo e pertanto in tale caso il provvedimento è anche titolo idoneo affinchè il creditore inizi immediatamente l’esecuzione nei confronti del debitore che non provveda all’immediato pagamento del dovuto (ad esempio, l’espropriazione forzata di un bene o un credito); il giudice adotta un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo solo nei casi previsti dalla legge (ad esempio, in presenza di documentazione a prova del credito sottoscritta dal debitore o quando vi sia pericolo di danno grave e irreparabile nel ritardo);
  • non esecutivo, il che significa che il debitore ha 40 giorni di tempo per pagare.

Con l’adozione e la notifica del decreto ingiuntivo e del ricorso si conclude la fase monitoria, che come detto è una fase giudiziaria che si svolge in assenza di contraddittorio ed è l’unica fase necessaria prevista dal rito in discorso.

Esiste però un successiva fase, solo eventuale, che è quella nella quale il debitore condannato al pagamento si opponga al decreto ingiuntivo.

Infatti, entro 40 giorni dalla notifica dell’ingiunzione di pagamento il debitore può fare opposizione convenendo in giudizio con atto di citazione il creditore.

Inizia così un giudizio ordinario in cui si svolge un contraddittorio pieno tra le parti e nell’ambito del quale il creditore è onerato di provare “per via ordinaria” sia l’an che il quantum del suo credito.

Il giudizio di opposizione verrà definito da una sentenza il cui oggetto non sarà solo la domanda di accertamento del credito e di condanna (ed eventuali domande riconvenzionali) ma anche l’effettiva sussistenza delle condizioni di adottabilità del decreto ingiuntivo.

La sentenza, ovviamente, è impugnabile avanti la Corte d’Appello nei termini ordinari previsti per l’impugnazione.

Diverso, invece, è il caso in cui il decreto ingiuntivo non venga opposto nei termini di legge.

In tale caso il decreto ingiuntivo diventa definitivo e passa in giudicato.

Il decreto ingiuntivo non opposto acquisisce esecutività (previa dichiarazione del giudice) e, dunque, in caso di mancato pagamento da parte del debitore il creditore potrà avviare l’esecuzione coattiva.

Quando il creditore ha ottenuto un decreto ingiuntivo esecutivo o, in ogni caso, quando il decreto è diventato inoppugnabile, inizia la vera e propria fase di “recupero credito”.

Infatti, come detto, il decreto ingiuntivo, quale “titolo esecutivo” è il presupposto per poter avviare l’esecuzione e, in particolare, l’espropriazione forzata del debitore.

Una volta notificato il decreto ingiuntivo (con la c.d. formula esecutiva) e il precetto (ovvero, l’ingiunzione a pagare), il creditore potrà pignorare i beni mobili (compresi i crediti) o immobili del debitore.

Di norma, tali beni pignorati verranno venduti forzatamente per ricavare il denaro necessario a soddisfare il creditore procedente.

Si tratta, in particolare, del processo esecutivo, ugualmente regolato dalla legge al fine di consentire una sollecita soddisfazione del creditore ma al contempo prevedendo garanzie per il debitore esecutato.

Ad esempio, quest’ultimo potrà evitare la vendita di un bene pignorato domandando la conversione del pignoramento, il che, in larga approssimazione, consiste in una offerta di pagamento rateale fino a 36 mesi.

Ugualmente, il codice di rito prevede a tutela del debitore strumenti per evitare abusi o violazioni del processo esecutivo.

Si tratta delle opposizioni all’esecuzione (in cui si contesta il diritto di credito per fatti sopravvenuti rispetto al titolo esecutivo) ovvero le opposizioni agli atti esecutivi (con cui si contestano violazioni relative allo svolgimento del processo esecutivo).

In caso di opposizione, si dà avvio ad un “incidente processuale” del processo esecutivo.

Tale incidente processuale altro non è che un processo di cognizione ordinario.