Il giudizio sul silenzio inadempimento

Per moltissimi anni il nostro ordinamento è stato afflitto (e in parte ancora lo è) dai ritardi e dall’inerzia di pubbliche amministrazioni poco efficienti e non inclini al rispetto dei termini di conclusione del procedimento amministrativo.

In buona sostanza, spesso accadeva (e ancora oggi purtroppo ancora accade) che un’istanza rivolta ad un’amministrazione pubblica (Comune, Provincia, Regione, Ministero o altro ente pubblico) rimanesse senza riscontro, cadendo nel vuoto.

Nel tentativo di porre rimedio a tale strutturale problematica il legislatore ha introdotto il rimedio del ricorso amministrativo avverso il c.d. silenzio inadempimento della pubblica amministrazione.

E’ bene evidenziare che, per ragioni storiche e giuridiche, si è trattata di una enorme e complessa innovazione introdotta dal Legislatore.

Sin da subito è bene chiarire che l’azione in questione è un’azione “residuale”, nel senso che la stessa è (fondatamente) esperibile solo e soltanto nel caso in cui il silenzio dell’amministrazione non abbia, in base alla legge, un effetto giuridico di “assenso” oppure di “diniego” o “rigetto”, o altro effetto.

Lo scopo dell’azione in discorso è quello di far accertare dal Giudice amministrativo la violazione da parte dell’amministrazione dei termini di conclusione del procedimento amministrativo previsti, caso per caso, dalla legge (rectius, dell’obbligo di provvedere entro il termine di legge).

Pe regola, quindi, non è possibile domandare al Giudice amministrativo l’adozione di un provvedimento al posto della pubblica amministrazione, potendo, semmai, domandare la nomina di un c.d. commissario ad acta che vi provveda.

L’unico caso in cui il giudice amministrativo si può sostituire alla pubblica amministrazione è quello in cui l’atto non adottato sia un atto c.d. vincolato (in cui non vi è spazio per discrezionalità amministrativa), ovvero quello in cui l’amministrazione abbia già esaurito i margini discrezionali e istruttori.

E’ opportuno evidenziare che il tempo è considerato un vero e proprio bene della vita risarcibile sicchè il ritardo nell’adempimento comporta per l’amministrazione un obbligo risarcitorio accertabile in sede di giudizio sul silenzio inadempimento.

Tanto premesso, il giudizio in oggetto rientra tra quelli in camera di consiglio e, quindi si caratterizza per:

  • termini processuali (esclusi quelli di introduzione del giudizio) dimezzati;
  • camera di consiglio fissata alla prima udienza disponibile trascorsi trenta giorni dal termine di costituzione delle parti intimate.

Il processo, tuttavia, deve essere introdotto entro un anno dallo spirare dei termini di conclusione del procedimento amministrativo, senza l’adozione del provvedimento.

Anche tale rito si conclude con una sentenza in forma semplificata, con la quale il Giudice, in caso di accoglimento, ordina all’amministrazione di provvedere (entro 30 giorni), se del caso, nomina un commissario ad acta ed eventualmente condanna al risarcimento del danno.

Il rito in camera di consiglio si applica anche al secondo grado di giudizio.