La tutela cautelare nel giudizio amministrativo

In base a quanto disposto dalla legge n. 241/1990, gli atti e i provvedimenti amministrativi sono esecutivi (in alcuni casi anche prima della comunicazione) oltre che esecutori.

Ciò significa che i privati sono obbligati ad ottemperare a quanto disposto dall’amministrazione e che la pubblica amministrazione possa ottenere “subito” l’esecuzione coattiva nei modi di legge.

Nel mondo del diritto amministrativo, forse ancor più che in quello del diritto privato, l’azione cautelare assume una centrale importanza per garantire che l’azione di merito possa effettivamente garantire giustizia, senza che, peraltro, sopraggiunga una carenza di interesse processuale al ricorso.

La tutela cautelare nel processo amministrativo si realizza attraverso la sospensione degli effetti dell’atto impugnato.

E’ bene evidenziare, tuttavia, che il Codice del processo amministrativo sembra aver conferito alla tutela cautelare amministrativa una natura c.d. “atipica”, nel senso che il Giudice può adottare la misura più adeguata alla tutela dell’interesse legittimo o diritto soggettivo azionato e, dunque, non solo e non necessariamente la sospensione (ad esempio, il pagamento di somme di denaro).

Anche nel processo amministrativo, in ogni caso, la domanda di tutela cautelare può essere accolta solo in presenza congiunta dei due fondamentali presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

La legge sul processo amministrativo struttura il processo cautelare, sostanzialmente, sulla base delle caratteristiche più o meno marcate dell’urgenza della sospensione (o di altra misura necessaria).

L’ipotesi di base prevede cha l’istanza cautelare sia svolta unitamente all’atto introduttivo del giudizio di merito (annullamento o nullità) o con apposito ricorso, qualora l’esigenza cautelare sorga successivamente.

Il rito, in tale caso, prevede che la domanda sia esaminata e decisa dal Collegio in una apposita camera di consiglio ad esito della quale viene adottata un’ordinanza.

E’ importante evidenziare che la necessità di una decisione (sommaria e interinale) in tempi rapidi e nel rispetto del contraddittorio è garantita dalla fissazione “rapida” della camera di consiglio.

Quest’ultima viene fissata nella prima data disponibile una volta che siano decorsi 20 giorni dal perfezionamento (per il destinatario) dell’ultima notifica e decorsi 10 giorni dal deposito del ricorso (è il c.d. doppio termine).

In ogni caso, è necessario che sia stata depositata l’istanza di fissazione dell’udienza di merito.

Le parti possono depositare memorie e documenti sino a due giorni prima della camera di consiglio (un giorno prima in caso di termini dimezzati).

L’ordinanza può essere impugnata in Consiglio di Stato, presso il quale il rito segue la stessa disciplina.

Il rito cautelare sopra descritto, infine, subisce degli adattamenti nei casi ei riti speciali ex art. 119 e 120 c.p.c. (quelli relativi a particolari materie e il rito appalti).

Come visto sopra, la fissazione della camera di consiglio collegiale è soggetta ad un doppio termine a tutela del contraddittorio.

Ci sono casi, tuttavia, in cui vi è estrema gravità e urgenza di ottenere una misura cautelare che non consente di attendere il decorso del doppio termine.

In tali casi, il Codice del processo amministrativo prevede che possa essere adottata una misura cautelare monocratica e, quindi, non dal Collegio, bensì dal Presidente del Tribunale amministrativo o della sezione (se il ricorso è già stato assegnato).

Anche questa è un c.d. misura “in corso di causa” ed infatti la domanda si propone con il ricorso introduttivo o successivamente.

Nella ricorrenza dei presupposti, la misura è adottata con decreto, se del caso anche fuori udienza e senza formalità.

Il decreto di accoglimento deve fissare la camera di consiglio collegiale ad esito della quale il Collegio confermerà o revocherà la misura adottata (o adotterà la misura prima negata).

Ciò posto, nei casi “eccezionali di gravità e urgenza” tali da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso è prevista la possibile adozione anche di misure “ante causam“.

Si tratta di una decisione monocratica del Presidente del Tribunale, che può adottare solo le misure che appaiano indispensabili nel tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito.

Stante la particolarità della misura, il decreto di accoglimento perde effetto dopo un numero limitato di giorni e ciò a scopo anche propulsivo per la parte proponente. Sarà, dunque, il Collegio, in corso di giudizio, a dover confermare, modificare o revocare le misure ante causam eventualmente disposte.

A chiusura del discorso è utile ricordare che la tutela cautelare è offerta anche in sede di appello, avverso le sentenze del Tar.

Infatti, in presenza di fumus boni iuris e periculum in mora la parte soccombente avanti il Tar può chiedere al Giudice d’appello la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado.

Il rito seguito è il medesimo seguito per le misure cautelari collegiali.